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I throw myself down among the tall grass by the stream as Ilie close to the earth.
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Marketing a risposta diretta: questo sconosciuto!
Era Settembre del 2008 quando su Marketing SEO Agency parlavo di Direct Response Marketing articolo che continua a primeggiare su Google per la keywords secca. Oggi in Italia hanno tradotto il termine in marketing a risposta diretta e dunque eccomi qui a scrivere il mio primo articolo proprio su tale argomentazione. Vediamo quindi nel dettaglio di cosa si tratta e tutto quello che c’è da sapere riguardo questo strumento di marketing, ormai sulla bocca di tutti i newbie che si avvicinano a questo mondo.
Che cos’è il marketing a risposta diretta?
Quando parliamo di marketing stiamo parlando di tutta una serie di azioni in grado di portare clienti verso i nostri servizi o prodotti. Molto spesso però queste campagne di marketing hanno due grosse lacune:
- Ci danno un ROI su un periodo troppo lungo. In questo caso parliamo ad esempio di campagne di tipo SEO (vi ricordo che la SEO è una costola della dorsale marketing) dove affrontiamo un investimento che molto spesso è lungimirante nel tempo, ci possono volere anche un paio d’anni per affermasi nei primi posti per determinate parole chiave. In tal senso non abbiamo un riscontro diretto, seppur il ROI sia misurabile in funzione degli strumenti che Google analytics ci fornisce per il monitoraggio delle conversioni.
- Peggio ancora non hanno un ROI misurabile in maniera accurata. In quest’altra ipotesi invece parliamo di ROI non misurabile ovvero non si ha la possibilità di calcolare il costo della conversione rispetto a quanto abbiamo investito. Penso al caso di campagne pubblicitarie su giornali e radio che non abbiano elementi in grado di definire la provenienza del potenziale cliente.
Fatte queste dovute premesse, ci troviamo davanti a una campagna di marketing a risposta diretta quando le due condizioni precedenti sono false, ovvero il ROI è misurabile in maniera immediata.
Se ti stai chiedendo come fare marketing a risposta diretta, ti rispondo subito.
Come fare marketing a risposta diretta?
Fare marketing a risposta diretta è basato su campagne a pagamento come può essere una campagna adwords, una campagna facebook, o altri tipi di forme pubblicitarie online in grado di darci subito un riscontro. Fare marketing a risposta diretta significa:
- Definire un obiettivo sul tuo sito, sia esso una richiesta di contatto tramite form oppure la vendita di un prodotto o servizio su un ecommerce. Nel caso in cui si tratti di un form, ti ricordo che in Italia ed in quasi tutto il mondo è obbligatorio il verified opt-in, quindi dopo che l’utente avrà confermato il suo indirizzo email questo dovrà essere redirezionato su una “success page” ovvero la nostra pagina obiettivo, che sarà raggiungibile solo ed eslusivamente in questo modo. Nel caso invece di un ecommerce, la pagina obiettivo è quella che mostriamo al cliente dopo aver concluso l’ordine, solitamente questa viene definita “thank you page” in quanto potrebbe darsi che il pagamento verrà incassato tramite bonifico o contrassegno e quindi la transazione ancora non è stata conclusa al 100%.
- Creare una campagna a pagamento (per click, impression o altro). Come ho già detto ci si può affidare a Google Adwords o ai Facebook Ads, in tal senso andremo a seconda dello strumento che scegliamo le campagne hanno impostazioni e parametri diversi.
- Monitorare il traffico e le conversioni verso l’obiettivo, il tutto in tempo reale. Se utilizzi Google Analytics per le statistiche del tuo sito al suo interno trovi una sezione appunto chiamata “Conversioni” dove potrai monitorare il funnel preciso che porta ad una conversione, analizzando i tassi di abbandono, i percorsi e quant’altro.
- Compiere azioni di per ottimizzare al meglio la campagna in funzione del costo e delle conversioni. Avendo una risposta diretta avrai la possibilità di ottimizzare le campagne, migliorando i tuoi annunci, facendo split test (A/B test), puntando sulle parole chiave che rendono di più in funzione appunto solo di un fattore il costo della corversione.
- Misurare il ROI. Fino ad ora abbiamo parlato del costo di conversione il ROI non è altro che la differenza tra il costo del servizio o prodotto venduto meno il costo della conversione. Esempio, se vendi loghi a 99€, ed un contatto tramite queste campagne ti costa 20€, hai un utile di 79€. In realtà questa è una versione molto semplificata di come andrebbe calcolato il ROI, in quanto, rimanendo sempre nel precedente esempio, c’è da considerare fattori come IVA, costi accessori se non siamo noi i grafici, eventuali altre spese accessorie.
Una cosa fondamentale in tutto questo approccio sono le pagine di destinazione su cui vogliamo far atterrare i nostri utenti, conosciute appunto come “landing page”. Queste pagine devono comunicare al meglio tutta la tua offerta, devono essere persuasive, devono essere scritte usando lo slang del mercato a cui ti proponi e devono avere la call to action sempre ben visibile e volendo anche ripetuta più di una volta. Ma questo argomento merita sicuramente più di un articolo specifico.
Quali sono i vantaggi del marketing a risposta diretta?
Fare marketing a risposta diretta ha come grosso vantaggio quello di attrarre solo persone realmente interessate a quello che stiamo offrendo, dunque un target molto ben definito. Ci permette inoltre di conoscere subito la direzione che stiamo prendendo e di correggere il tiro o migiorarlo ulteriormente. In questo modo il paradigma del trovare clienti viene completamente ribaltato, non sarai tu a dover cercare ogni singolo cliente, uno ad uno, senza inviare fastidiose email SPAM o facendo quello che vengono definite telefonate a freddo (ovvero senza che il potenziale cliente sappia chi sei, cosa fai, cosa vuoi, cosa vendi, ecc), ma saranno i clienti a contattare te in quanto già informati su quello che hai da proporgli, nel caso di richieste tramite form, o meglio ancora compreranno direttamente i tuoi prodotti o servizi, nel caso di ecommerce.
Per qualcuno il marketing a risposta diretta è il futuro, in realtà in Italia è il presente già da circa 10 anni, per chi come me ha avuto modo di partecipare a cerchia ristretta che è stato il vero PRIMO percoso che ha introdotto questi concetti nel nostro bel paese. Gente che come me leggeva VeniceMarketingReport.com di Nicola Fiabane conosce bene questi meccanismi e li mette impratica da un decennio.
Ho deciso di lanciare il mio nuovo e personale progetto proprio con un argomento che mi sta molto a cuore e su cui sicuramente avrò modo di fare altri articoli. Intanto per adesso la termino qui e se qualcosa non ti è chiaro lascia pure un commento qui sotto e riceverai presto una mia risposta.
Quale autoresponder scegliere per fare email marketing?
Una delle prime scelte da fare quando si vuole iniziare a fare email marketing è quella dell’autoresponder. L’autoresponder è lo strumento attraverso il quale puoi comunicare con i contatti delle tue mailing list in maniera automatica. In questo articolo vedremo le caratteristiche che deve avere un buon autoresponder e quali sono quelli più famosi.
Verified opt-in o no?
Un buon autoresponder deve permetterti di avere la funzione verified opt-in, oggi quasi tutti hanno questa funzione disponibile. Il verified opt-in ti permette di confermare l’iscrizione alla tua mailing list. Un esempio pratico lo hai proprio sul mio sito, infatti una volta che inserisci nome ed email, non vieni automaticamente inserito nella mailing list ma prima ricevi una mail di conferma, una volta confermata l’iscrizione allora i tuoi dati verranno messi nella lista. Praticamente il percorso si svolge come segue:
- Inserisci nome ed email (e/o altri dati)
- Appena clicchi sul pulsante per iscriverti vieni redirezionato su una pagina di ringraziamento, nota come “thank you page”, in cui ti dico di confermare il tuo indirizzo.
- Quando apri la tua mail e clicchi sul link di conferma, vieni redirezionato su una “success page”, dove ti confermo l’avvenuta iscrizione. Questa pagina è quella dove puoi rendere scaricabili ebook, video o altri materiali gratuiti che offri per l’iscrizione alla tua mailing list.
L’uso del verified opt-in oltre ad essere obbligatorio per la legislazione italiana, ti è utile perchè così avrai solo indirizzi mail reali e consensienti a ricevere tue comunicazioni.
L’importanza delle automazioni nell’autoresponder
La possibilità di avere le automazioni in un autoresponder è una delle caratteristiche più utili, vediamo meglio cosa sono queste automazioni.
- Supponiamo di voler vendere un videocorso.
- Dopo aver creato il nostro sito, con blog e squeeze page, iniziamo a prendere indirizzi email e a costruire la mailing list di potenziali clienti.
- Attraverso accurati follow-up, ben studiati, proporremo l’acquisto del nostro videocorso.
- Se siamo stati bravi una percentuale dei nostri potenziali clienti diventeranno clienti veri e propri
- A quel punto non ha più senso avere dei clienti reali in una lista di potenziali clienti, in quanto continuerebbero a ricevere comunicazioni legate alla vendita del videocorso che hanno già acquistato, mentre sarebbe opportuno inviargli comunicazioni legate al post-vendita
E’ in questo step che ci vengono in aiuto le automazioni. Quando il cliente acquisterà il nostro videocorso gli faremo compilare un secondo form, legato alla mailing list “clienti” ed attraverso le automazioni creeremo una regola che farà in modo che chi è iscritto alla lista “clienti” deve essere cancellato da quella dei “potenziali clienti”.
In tutto ciò è bene avere sempre un listone centrale dove abbiamo sia i potenziali clienti (lead) che i clienti veri e propri, in questo modo se dobbiamo fare una comunicazione massiva possiamo scrivere al nostro listone centrale che li racchiude tutti.
Follow-up e broadcast: le differenze!
Un buon servizio di autoresponder permette di inviare sia dei follow-up che dei broadcast, vediamo quali sono le differenze. I follow-up sono delle email programmate nel tempo che vengono inviate in maniera automatica, mi spiego meglio, tizio si iscrive oggi alla nostra newsletter in maniera del tutto automatica riceverà una serie di email che abbiamo già scritto, salvato e programmato per essere inviate ad intervalli di tempo che siamo sempre noi a definire, ad esempio una mai subito dopo l’iscrizione, una a distanza di due giorni, e così via.
Solitamente si consiglia di non inviare troppe email puramente promozionali, ma lo scopo deve essere quello di dare informazioni, insomma di portare valore aggiunto a chi si è iscritto facendogli capire che in questo modo riceve del materiale esclusivo per gli iscritti e di tanto in tanto qualcosa di promozionale, magari con offerte esclusive dedicate proprio agli iscritti.
Il broadcast invece è l’invio di una mail non programmata a tutta l’attuale lista, ovvero se io invio ora un broadcast lo riceveranno solo gli attuali iscritti, utile per comunicare news immediate senza doverle mettere nella sequenza di follow-up.
Quali sono i più noti autoresponder sul mercato?
Premesso che non è obbligatorio avere un servizio esterno come quelli che andrò ad elencare, ma che è possibile gestire newsletter anche attraverso moduli e o plugin per il tuo CMS, i più noti servizi di autoresponder sono:
In realtà ci sarebbero anche altri brand ma questi tre li ho tutti testati personalmente e mi sono trovato sempre molto bene, a mio avviso il migliore è Aweber, ma vabbè io sono un nostalgico.
Direi che come prima panoramica sugli autoresponder possiamo chiudere qui, e ci sarà sicuramente modo in seguito di continuare a trattare questi argomenti, degli autoresponder nello specifico e dell’email marketing in generale. Per qualsiasi domanda resto sempre a completa disposizione.
Come e quando scrivere un articolo per vendere online?
Oggi voglio parlare di un’argomentazione molto importante per chiunque ha intentezione di vendere online, si tratta della realizzazione di articoli, che in gergo tecnico viene definito “content marketing”, ovvero il marketing basato sui contenuti.
Ogni quanto scrivere articoli per vendere online?
Una delle domande che sento più spesso è legata appunto alla frequenza di pubblicazione. Per quanto mi riguarda la risposta è molto semplice: “Scrivi quando hai qualcosa da dire”. Infatti c’è chi pubblica in maniera quasi obbligatoria articoli che però molte volte non dicono quasi nulla, anzi sono scritti solamente perchè si deve pubblicare qualcosa sul blog. A mio avviso scrivere di meno ma quando serve è la strategia è più produttiva per due motivi:
- Quando scrivi perchè hai qualcosa da dire, avrai molte cose su cui spaziare e argomenterai nel miglior modo possibile i tuoi contenuti.
- Quando scrivi solo quando serve, ti fa svolgere questa attività in maniera più fluida e senza alcuna forzatura, in questo modo ottimizzi i tempi e le risorse, io personalmente per scrivere un articolo tipo questo non impiego più di 15 minuti, ma perchè già so quello che voglio dire ed ho una mia metodologia di scrittura che ti esporrò nel prossimo paragrafo.
Come scrivere articoli per vendere online?
Scrivere articoli per vendere online deve tenere a monito tre cose per quest’ultimi:
- Devono essere reperibili sui motori di ricerca
- Devono dare valore all’utente che li legge
- Devono in qualche modo spingere l’utente verso una call to action ben chiara
Riguardo il primo punto la domanda che mi hanno fatto decine di volte è: “Quindi dove metto le parole chiave?” e la mia risposta a riguardo è sempre la stessa, ovvero: “Fregatene della parole chiave e scrivi per l’utente, le parole chiave le inserirai in maniera naturale, dove servono, senza nessuna forzatura, se invece ti focalizzi su densità e cose simili finirai per perdere di vista la comunicazione chiara verso il lettore, che è quello che veramente conta!”
Ovviamente trattandosi di articoli scritti sul web e non su un giornale cartaceo, ci sono alcuni metadati che bisogna compilare seguendo alcune accortezze, che possono in qualche modo favorire il posizionamento di un articolo per una determinata parola chiave. Anche un giusto uso della formattazione dell’ipertesto ha un suo valore all’interno della pagina, infatti abusare o non usare tag come ad esempio “strong” per il grassetto hanno un valore visivo sia per il lettore che per i motori di ricerca che gli daranno maggiore perso, non a caso il nome del tag usato per il grassetto in italiano significa proprio “forte”.
Io personalmente quando scrivo un articolo prima definisco il titolo, poi dopo aver scritto un primo paragrafo introduttivo scrivo i titoli dei sotto paragrafi che titolerò con H2, H3, H4, ecc (proprio come puoi vedere in questo articolo). Questo è utile sia per me che scrivo scrivo, infatti mi aiuta ad avere subito delle guide, sia per gli utenti che potranno avere subito un idea di cosa tratta il paragrafo e anche che per i motori di ricerca che danno un buon peso a queste testate.
Ovviamente un buon articolo deve portare del valore aggiunto, deve informare l’utente verso una determinata tematica, deve essere esaustivo e sviscerare ogni elemento di quest’ultima, in tal senso il miglior tipo di articoli che si possono sviluppare, sono quelli basati sul “How to …”, e solitamente si tratta di veri e propri evergreen al contrario di news momentanee su argomenti che possono trovare un grande interesse ma per un breve periodo di tempo.
Ma non basta essere reperibili e dare informazioni di valore, un buon articolo deve indurre l’utente all’azione, ad una sola azione, sia essa l’iscrizione ad una newsletter, l’acquisto di un prodotto, lasciare un commento o altro. La CTA potrà essere richiamata più di una volta all’interno di un articolo attraverso dei banner dedicati che in qualche modo interrompono la lettura che però può proseguire agevolmente scrollando la pagina, oppure se la call to action è sempre la stessa si può sfruttare la sidebar laterale lasciando fisso l’elemento allo scroll della pagina.
Come e dove distribuire gli articoli che abbiamo scritto?
Una volta realizzato l’articolo questo può essere distribuito su diversi canali, vediamo quali sono quelli principali e come si possono sfruttare al meglio:
- Newsletter, un classico, molti autoresponder permetto la creazione di blog broadcast, ovvero agganciando l’autoresponder al feed RSS del blog questo invierà automaticamente una mail agli iscritti ogni volta che verrà pubblicato un nuovo articolo. Personalmente non amo molto questo tipo di metodologia, preferisco prendere un abstrac o comunque una porzione dell’articolo e poi mettere il link per la lettura completa all’interno di una mail che scriverò io.
- Gruppi e pagine Facebook, Google+, Linkedin o un tweet su Twitter. Tutti quelli che per qualsiasi motivo non raggiungiamo tramite la newsletter ma che ci seguono sui social possono essere dirottati verso l’articolo semplicemente condividendo quest’ultimo su di essi.
- Social bookmarking, sono dei siti (ad esempio OkNotizie) in cui è possibile segnalare i propri post e quest’ultimi verranno pubblicati e potranno poi anche essere votati dagli utenti che prendo parte al sito.
- Nelle descrizioni dei video Youtube, Vimeo o simili. In questo campo infatti è possibile aggiungere dei link, quindi se nell’articolo abbiamo associato anche un video, ricordiamoci di inserire il link all’articolo nella descrizione del video.
- All’interno di ebook. Se abbiamo un ebook in vendita o scaricabile gratuitamente e vogliamo far approfondire determinate tematiche che abbiamo trattato in uno o più articoli si possono linkare come approfondimenti.
Concludo questo articolo dicendo che scrivere un articolo per vendere online non è facile, i fattori che influenzano una vendita sono numerosi e difficilmente un utente acquista subito, leggendo un solo articolo, ma se il sito è ricco di contenuti allora le probabilità aumentano, perchè se avete scritto molto materiale utile che vi afferma come opinion leader di quella nicchia l’incentivo all’acquisto è sicuramente maggiore, inoltre se avete modo di aggiungere testimonianze dirette e reali di vostri clienti e case history pratici questo darà sicuramente man forte alla persuasione per la vendita, ma di queste due argomentazioni parleremo in un altro articolo.
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